Ottobre 2021 - Il Biodistretto Lago di Bolsena mette in discussione la sentenza del Consiglio di Stato sull'mpianto geotermico di Castel Giorgio
Subito dopo la bella notizia del riconoscimento del Biodistretto Lago di Bolsena da parte della Giunta Regionale del Lazio, è arrivata una brutta notizia per il nostro territorio: la sentenza del Consiglio di Stato, pubblicata il 7 ottobre, che dà sostanzialmente il via libera alla realizzazione della centrale geotermica di Castel Giorgio. I giudici hanno dato ragione a ITW&LKW Italia, che aveva fatto ricorso contro la sentenza del TAR Lazio con cui il progetto era stato bloccato.
Chiariamo subito: ciò non significa che non abbiamo più alcuna possibilità di fermare il progetto; diversi percorsi utili a questo scopo sono già stati intrapresi, indipendentemente dall’opposizione davanti ai tribunali.
Ad ogni modo, in questa intricata faccenda giuridica occorre fare un’attenta analisi della sentenza per decidere sui prossimi passi.
Dopo una prima lettura, la sentenza stessa del Consiglio di Stato mette in luce dei punti critici che potrebbero essere alla base di un ulteriore ricorso per manifesta erroneità del giudizio. La contestazione del nostro territorio alla decisione del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2019, che autorizzava il proseguimento della realizzazione dell’impianto, riguardava due sfere distinte principali. La prima, quella amministrativa, relativa all’insufficiente coinvolgimento delle regioni Umbria e Lazio in questa decisione – punto che era stato accolto dal TAR. La seconda, di carattere scientifico, rilevava il rischio sismico connesso all’impianto, un rischio incontestabile dimostrato da eventi accaduti (i terremoti geotermici di Pohang e Vendenheim) e sottolineato da diverse pubblicazioni scientifiche recenti, nonché dalla valutazione avversa dell’INGV a due impianti geotermici in Campania, praticamente identici a quello di Castel Giorgio. Anche questo argomento era stato ritenuto valido dal TAR.
Le argomentazioni della sentenza del Consiglio di Stato in ambedue i punti sono prettamente tecnico-giuridiche e tendono a favorire ITW sistematicamente e a senso unico. Sul piano amministrativo, i giudici ritengono che non era necessario coinvolgere la Regione Lazio nel procedimento presso il Consiglio dei Ministri, perché la Regione non è “interessata” dall’impianto. Come è possibile non considerare che le parti terminali dei pozzi deviati di reiniezione si trovano nel sottosuolo della Regione Lazio? E che di conseguenza essa è esposta a rischio sismico e di inquinamento degli acquiferi?
Per quanto riguarda il rischio sismico e di inquinamento, sempre per motivi tecnico-giuridici, non era stato possibile far valere le incontestabili prove sopra menzionate, ad eccezione dei terremoti geotermici di Vendenheim. Ebbene, i giudici non hanno considerato tali terremoti come prove sufficienti per la pericolosità dell’impianto, perché “sono state introdotte nel processo semplicemente attraverso notizie di stampa e studi di parte basati in massima parte su queste notizie: non consta, allo stato, che sulla vicenda sia disponibile un rapporto scientifico in qualche modo ufficiale. Si tratta quindi di fatti inidonei sotto ogni profilo a formare criterio di giudizio.” La trattazione scientifica dei recentissimi eventi di Vendenheim è ancora incompleta (e non può essere altrimenti), ma una prima relazione approfondita è stata pubblicata il 5 agosto (confermando pienamente “gli studi di parte”), purtroppo dopo il termine del deposito della documentazione istruttoria, ma prima del dibattito, quindi avrebbe potuto “formare criterio di giudizio”. Una decisione più prudente dei giudici non avrebbe potuto essere quella di chiedere il parere di un esperto esterno in questa materia complessa?
I giudici del Consiglio di Stato non hanno accolto neanche le osservazioni relative al rapporto ICHESE, non considerando quindi il pericolo dell’innesco sismico e la responsabilità civile e penale di chi lo causa. Sono molti i punti oscuri e contradditori della sentenza, come quello in cui si ammette che “il Comune di Castel Giorgio non fa eccezione, dato che si trova comunque in zona sismica, anche se a sismicità bassa, e nella sua storia ha registrato distruzioni ad opera di terremoti”; basti ricordare, uno fra tanti, quello di magnitudo 4,9 del 1957 che provocò vittime e gravi danneggiamenti. Suscita stupore anche l’affermazione “Sull’impianto realizzato gli organi competenti dovranno esercitare la necessaria vigilanza, provvedendo a sospenderne o a fermarne l’esercizio nel momento in cui, in base ad una corretta e completa istruttoria, emergessero profili di sua pericolosità, a maggior ragione tenendo conto che si tratta di un impianto pilota, volto quindi a verificare se e in che modo la risorsa sia sfruttabile in condizioni di economicità e sicurezza”, in evidente contraddizione con un altro passaggio nel quale i giudici negano la necessità di far valere il principio di precauzione.
Insomma, la sentenza del Consiglio di Stato non certifica in nessun modo che l’impianto di Castel Giorgio non sia pericoloso; evita semplicemente di esprimersi a proposito.
Siamo fiduciosi che alla fine si riesca a far valere la ragione e a impedire la realizzazione di un impianto che, secondo lo stato attuale della scienza, presenta gravi rischi per la popolazione, per l’ambiente e per il nostro patrimonio architettonico. La centrale geotermica di Castel Giorgio rappresenta un modello di sfruttamento industriale insostenibile, pericoloso e incompatibile con gli ecosistemi e con la destinazione del territorio promossa dal Biodistretto.
Biodistretto Lago di Bolsena